La normativa italiana sugli appalti della pubblica amministrazione sottostà alle Direttive europee in materia. Una dipendenza simile a quella, ben nota, della normativa IVA. L’Europa è sempre al timone, quando si toccano i punti cardine della libera concorrenza e della trasparenza. Anche da questo aspetto viene una spinta al continuo rinnovamento della norma, sfociato nel 2023, dopo solo sette anni dall’ultima formulazione, nel nuovo Codice Appalti, materia di questo approfondimento. Le direttive impongono parti vincolanti ma definiscono anche ambiti derogabili, prescrivendo le modalità di autorizzazione. In caso di dubbi sulle norme nazionali, la lettura delle direttive si dimostra sempre dirimente.
La norma italiana ha subito nel corso di pochi anni importanti aggiornamenti, rappresentati dall’emissione di altrettanti decreti che hanno formato i successivi codici appalti o codici contratti vigenti, nel tempo:
Una caratteristica interessante del nuovo codice è la sua natura auto regolatoria: consiste nell’affiancare da subito, alla parte normativa, anche quella regolamentare. Le disposizioni applicative sono contenute in 38 allegati che saranno sostituiti da altrettanti Regolamenti Ministeriali, emessi ai sensi dell’art. 17, 3° comma, della Legge n. 400/1988.
Oltre a questo, il Decreto prevede l’approvazione di 12 provvedimenti da parte dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) costituenti altrettanti regolamenti attuativi dell’Autorità. Questi atti sono stati pubblicati sul portale ANAC e in Gazzetta Ufficiale (Serie generale n. 151 del 30 giugno 2023), in forma di altrettante delibere [Link]. Queste delibere sono tutte in vigore dal 1° luglio 2023, sebbene alcune acquisteranno efficacia dal 1° gennaio 2024.